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e ritenersi come una buona innovazione, che una base sia più piccola, e non proporzionata alle parti superiori. Devesi poi raccomandare ai mani­fattori milanesi di risparmiare tanti inutili ornati nei mobili di uso più comune, ove la semplicità delle forme sarà sempre preferibile ad un mo­desto fregio mal collocato.

Con gli elementi di prosperità che gode una tale industria lombarda, e dopo glincoraggiamenti avuti nella rammentata mostra milanese, era supponibile che essa dovesse esser meglio rappresentata sulle rive del Danubio. Non era questa la prima volta che le manifatture lombarde com­parivano alle mostre Viennesi; ma allora vi erano chiamate per aggiun­gere splendore alla Corona industriale Austriaca, mentre adesso vi erano invitate per far meglio rifulgere il nuovo serto manifatturiero Italiano.

E per questo motivo appunto era giustificata la fiducia di veder larga­mente colà rappresentata lebanisteria lombarda, e di avere così una nuova riprova, che la intelligente operosità della nobile Milano non viene mai meno, e che nulla trascura per sempre più meritarsi il titolo di Capitale morale e industriale del nuovo Regno dItalia. Ma invece pochi e non tutti apprezzabilissimi furono i saggi colà inviati, come a suo tempo sarà meglio detto.

E lo stesso avvenne dei mobili del Piemonte, della Liguria, e di alcune provincie della Toscana, ove si fabbricano eccellenti mobili casalinghi, e dei quali non si vide neppure un saggio.

Le fabbriche di Torino e di Biella producono elegantissime e solide sedie di ogni genere, e belle solide mobilie di uso comune, che vengono sparse per ogni parte dItalia e della Svizzera. Neppure un saggio si trovò di quelle fabbriche, se vogliamo eccettuare qualche campione inviato dagli operosi Leverà, che mai mancano allappello che viene fatto alle industrie nazionali. Ma quei campioni si referivano più a mobili di lusso, che di uso comune, e di quelli vi era troppa abbondanza per far sentire mag­giormente la deficienza degli altri.

Le belle mobilie che si fanno a Livorno, nellagro Pisano e Lucchese, e nella culta Pistoia brillarono per la loro quasi totale assenza, giacché i saggi inviati da un espositore di Pistoia aveano il torto di una preten­sione male intesa, cioè di voler dare unimpronta di lusso a mobili di uso comune, lo che tolse ad essi gran parte di pregio, e non dette agio al giurì di potersi fare unidea giusta della ebanisteria di quella provincia, che pure è buona. Ma la strana idea di voler concorrere alle esposizioni uni­versali soltanto colle produzioni straordinarie, e mai colle ordinarie, è un difetto che hanno sempre avuto i fabbricanti italiani, e vari esteri, e che malgrado tanti e ripetuti avvertimenti non hanno voluto abbandonare.

Le esposizioni non debbono essere considerate un gran mercato di vendita, ma sibbene, lo ripeto anche una volta, una palestra nobilissima ove si debbono misurare le forze economiche delle nazioni; e una vasta