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l’orlo di una prigione per essersi dimostrato suddito poco rispettoso delle prescrizioni imperiali! Nel 1873 riceveva le più lusinghiere dimostrazioni di onore e di stima, in Vienna, da principi e ministri e autorità austriache !
Altamente soddisfatto per tante maniere di plauso concesse ai suoi lavori, volle che di essi rimanesse ricordo neH’I.eR. museo austriaco di arti applicate alle industrie, e per mio mezzo fece recapitare a quel benemerito direttore commendatore Eitelborger, buona parte di fotografie ripro- ducenti vari mobili. Non coniento di un tale omaggio a quel grandioso deposito di oggetti artistici di ogni tempo e paese, volle donargli eziandio alcuni suoi pregevolissimi lavori in legno, che rimasero invenduti alla mostra di Vienna.
Gli augusti Principi ereditari di Germania visitando nell’estate del 1873 il laboratorio Besarel in Venezia, si degnarono di dargli diverse commissioni per meglio dimostrargli l’alto concetto in cui tenevano i suoi pregevolissimi lavori.
L’opificio Besarel può dirsi uno dei più grandiosi dell’Italia, e uno di quelli che mai si arrestano per difficoltà di mezzi, o per altri materiali ostacoli. Molti operai apprendono là a ben trattare il legno, e a sapergli imprimere quel gusto, che ormai è proverbiale nelle Venete provincie, ove fino dai tempi più lontani queU’arte paziente e preclara ebbe celeberrimi artefici.
E di fatti basterebbe nominare i Canozii da Lendinara, Giovanni da Verona, Damiano da Bergamo, Raffaello da Brescia e Andrea Brustolon per accertarsi che, salvo Siena e qualche altra città toscana, poche altre provincie dell’Italia dettero la cuna a intagliatori così valenti, come quelli che vennero alla luce del giorno nelle Venete contrade. E quantunque lo stile delle epoche più lontane fosse meno sentito di quello adottato più recentemente dal Brustolon, nulladimeno anche adesso la scuola veneta merita una grande considerazione, e deve grandemente apprezzarsi per il suo Tare grandioso, che a qualche speciale decorazione grandemente si presta.
I giurati austriaci avevano avuta occasione di esaminare altre volte i lavori veneti, quando quelle provincie facevano parte dell’impero austriaco, e sempre aveano dovuto convenire della supremazia che avevano su quelle del rimanente dell’impero, e specialmente su quelle che emergono dai grandiosi laboratori di Vienna e di Pesi.
Non è da oggi che gli artisti austriaci avevano chiamato operai italiani nelle loro officine, e che avevano mandato operai loro a studio nelle botteghe italiane per abituarsi a quel gusto, e a quel genere d’intaglio che è tutto proprio del bel Paese,
« Ch’Appennin parte e il mar circonda e l’Alpe ».