squallida solitudine di una gelida soffitta, mancante di ogni risorsa e affidato solo al genio istintivo della propria mente, logorato spesse fiate dal bisogno, e bene spesso sfinito di forze per la fame. Il lavoro eseguito sotto tanti tristi auspicii non può certamente avere quello sviluppo, che viene determinato dai locali delle grandi officine, ove T operaio vede modelli a piacere, possiede arnesi adattati, vive e respira in una atmosfera capace di sostenergli le forze, sente consigli, vede di­segni ; non gli mancano aiuti di qualunque sorte e maniera. Ma però a queste grandi risorse convien pagare il tributo dellamor proprio non sempre soddisfatto a seconda dei propri desiderii.

La giustizia distributiva fu e sarà sempre lo scoglio maggiore della umanità, imperocché viene sempre sentita in un modo molto diverso: e quello che è pur equo ad uno, sembra ingiusto a tal altro e via di­scorrendo.

Concludendo adunque queste poche considerazioni, io dico, che se gl Italiani non ebbero in questa sezione tutte quelle ricompense che forse speravano, e delle quali sarebbero stati anche meritevoli, la colpa non deve attribuirsene ad assoluta deficienza di meriti nei lavori a cattiva volontà o trascuranza di esame nel giurì.

Se non tutti gli oggetti poterono ottenere un premio, il motivo è fa­cile a comprendersi: se alcuni poi ebbero un premio inferiore ai loro meriti, e ai loro desiderii , la colpa non deve attribuirsi ai giurati, ma sibbene alla necessità ineluttabile di aver dovuto sostenere dei confronti serissimi con moltissimi altri oggetti di simil genere e nostrani e di altre nazioni. Infine se gli esami furono attentissimi e i giudizi severi, io credo che ciò debba più tornare a decoro del giurì , che a sua condanna, im­perocché in tali casi, credo che sia più desiderabile una soverchia se­verità, che una sconsigliata prodigalità di ricompensare. Sarebbe stato giusto il lamento se il giurì avesse avuto due pesi e due misure; ma sic­come fu imparziale e severo con tutti ugualmente, così non può di nulla essere accusato.

Il giuri infine fu unanime nel riconoscere che glitaliani lavorano lintaglio in legno con molta franchezza e precisione, che sanno dargli una particolare impronta, ma che bene spesso difettano nelle buone com­posizioni, e nellesattezza dello stile delle epoche, il che dimostra chiara­mente più genio, che studio negli artisti.

Il bisogno di studiare è stato sempre poco sentito fra noi, e si è sempre follemente creduto, che basti laver qui respirate le prime aure di vita per diventare artisti.

Si nasce col sentimento dellarte ma non si diviene artista senza studio. Di tale verità pare che adesso si vadano persuadendo i nostri giovani; e le scuole di disegno infatti sono più frequentate di prima, e le regole dellarte vengono giornalmente riconosciute la vera guida per